domenica 16 giugno 2013

Duende

Il secondo spettacolo di flamenco si dimostra una delusione,  sebbene la maestria tecnica non manchi. Dove sono però le emozioni forti che l'altro mi aveva suscitato?  Laddove il tempo aveva perso di consistenza, qui si trascina pesante, un forzato con le catene ai piedi. Quale sarà la differenza? L'ambiente?  No, qui è anzi ben più suggestivo,  il patio di un'antica casa sefardita di Cordoba. Non può che essere il "duende" allora!
Girovagando in Siviglia mi sono imbattuta in una viuzza che ne portava il nome... il tentativo di descriverlo lo lascio al grande poeta andaluso,  Federico Garcia Lorca.
"In tutta l'Andalusia, roccia di Jaén o conchiglia di Cadice, la gente parla costantemente del duende e lo riconosce con istinto efficace non appena compare."
"Il duende è un potere e non un agire, è un lottare e non un pensare. ho sentito dire da un vecchio maestro di chitarra "Il duende non sta nella gola; il duende monta dentro, dalla pianta dei piedi". Vale a dire, non è questione di capacità ma di autentico stile vivo; vale a dire, di sangue; di antichissima cultura, e, al contempo, di creazione in atto."
"Il duende bisogna risvegliarlo nelle più recondite stanze del sangue."
"I grandi artisti del sud della Spagna, gitani o flamenchi, che cantino, ballino o suonino, sanno che nessuna emozione è possibile senza l'arrivo del duende."
"Anni fa, in un concorso di ballo di Jerez de la Frontera, una vecchia di ottant'anni si impose su splendide donne e ragazzi dai fianchi d'acqua, per il semplice fatto di aver sollevato le braccia, eretto la testa, e aver brivato un colpo con il piede sulla pedana; ma nell'incontro di muse ed angeli che stava avendo luogo, bellezza di forma e bellezza di sorriso, doveva vincere e vinse quel duende moribondo, che trascinava per terra le sue ali di coltelli ossidati."
Per chi vuole approfondire la lettura:
Federico Garcia Lorca
Gioco e teoria del duende
Adelphi  

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